Per smaltire il pranzo di Natale il giorno di S Stefano io e mio marito decidiamo di fare un giro sino all'isola Gallinara,che si trova di fronte ad Albenga in Liguria. Mare quasi calmo,vento giusto per noi: da 8 a 12 nodi e ben 12°di temperatura.
Colpa mia che l'ho distratto. Ferma tutto; si cerca di liberarci senza far danno, ma niente! Sempre con stà boetta che continua a lampeggiare (l'ho anche coperta con un panno per paura che ci vedessero e ci scambiassero per ladri di pescato).
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Effettivamente bisogna riconoscere che la nostra barca non aveva un aspetto eccessivamente rassicurante. D'altronde bisogna considerare che era partita da Pesaro ben tre mesi prima e novanta giorni di crociera (nonchè il susseguirsi di diversi equipaggi) lasciano il segno. Infatti, partita da Pesaro, aveva raggiunto e visitato il golfo di Taranto, si era avventurata fino a Malta, aveva fatto scalo a Tunisi, era risalita fino in Sicilia per gironzolare fra le Eolie ed ora era in procinto di ormeggiare a Reggio Calabria. Il segno che contraddistingueva la barca in maniera più evidente era, indubbiamente, il colore che lo scafo aveva acquisito: navigando in luoghi noti per i loro gravi problemi di siccità si era ritenuto veramente criminale sprecare acqua dolce per lavare una barca .... ed ora il colore tendeva decisamente al grigio (cemento). Inoltre le esperienze maturate nel corso del vagabondaggio avevano fatto adottare soluzioni che, a loro volta, portavano, ora, ad evidenti mutamenti nell' aspetto generale. La più evidente era la conseguenza di quanto appreso nel corso dei frequenti ormeggi all'inglese contro moli in cemento: i normali parabordi a forma più o meno sferica (o cilindrica) non servono a molto, in quanto il movimento della risacca, addizionato a quello della marea, spingono il parabordo verso l' alto fino a fargli oltrepassare la battagliola, mandando poi il fianco della barca a sfregare contro la ruvidissima parete del molo; pertanto ora la nostra barca sfoggiava, facendo propria la soluzione adottata dai pescherecci, quattro meravigliosi copertoni da auto, ovviamente di recupero e quindi diversi fra di loro, appesi fuori bordo.. Altra evidente innovazione consisteva nel "sedile del timoniere": di norma il timoniere sta in piedi o seduto sulla chiusura di poppa, decisamente scomoda specialmente quando, come nella nostra, è ricoperta di legnetti di teak. Si era scoperto che le seggiole di plastica da giardino, una volta private delle gambe, sono comodissime appoggiate dietro al timone, inoltre, dato il loro fondo semisferico, consentono una posizione verticale anche a barca sbandata. Ultima scoperta che in qualche modo aveva alterato l'aspetto estetico della barca era quella relativa alla "fornitura acqua calda per doccia serale": non avendo a bordo scaldacqua si riutilizzavano le bottiglie di plastica dell' acqua minerale riempite di acqua dolce e lasciate al sole tutto il giorno sulla tuga legate con corde elastiche. Ripeto: l'insieme non aveva un aspetto molto rassicurante, ma certe reazioni sono state decisamente eccessive. Ovviamente non mancava il bucatino steso sulla battagliola. Ma cominciamo dall'inizio: entriamo nel porto di Reggio Calabria passando davanti alla prua di un battello tutto in legno di mogano lucidissimo ed ottoni luccicanti, l'armatore ,con ai suoi piedi un cane chiaramente di razza, ed in perfetta tenuta da yachtman è in piedi sulla delfiniera con aria altamente aristocratica scruta l'orizzonte con fiero cipiglio ed, ovviamente, non ci degna di uno sguardo. Raggiungiamo il centro del porto in attesa dell'ormeggiatore, che, quanto arriva ci indica di ormeggiare in un posto strettissimo ed a fianco del battello tutto luccicori. Ci apprestiamo alla manovra e, come da manuale, si alza il vento ovviamente avverso per le operazioni da svolgere. A questo punto, notando la nostra rotta incerta (decisamente a zig zag), il proprietario della barca si degna di accorgersi della nostra esistenza, abbandona ogni atteggiamento aristocratico ed emette un urlo belluino. Il risultato è quello di far emergere da sottocoperta la consorte in vestaglia e bigodini. Dopo pochi attimi la situazione è la seguente: La moglie, completa di bigodini, corre lungo la battagliola con in mano un enorme parabordo a pallone cercando di indovinare il punto previsto per l'impatto, Il marito armato di un mezzo marinaio di mogano con punta in ottone ci punta con evidente aggressività, Il cane, non sapendo cosa fare, corre abbaiando da poppa a prua e viceversa con fare invasato. Fortunatamente all'ultimo momento il vento, pietosamente, ci dà una mano e riusciamo ad infilarci di misura senza procurare danni. Salutiamo con allegra espansività i nuovi vicini di ormeggio ottenendo una risposta decisamente freddina da un armatore ritornato nuovamente aristocratico, da una alzata di spalle da una "madame" in vestaglia e bigodini che sta tornando, con fare sdegnato, alle proprie attività ed un sincero ringhio da un cane di razza ma decisamente ostile. Ripeto il nostro aspetto non era un gran ché, ma, dopotutto, . tutto è bene quel che finisce bene. AUG |
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